VEDERE PER CREDERE

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(Per iniziare, un paio di raffinate immagini di Carmen che, come si legge nel libretto, danza per Zuniga… il quale, sia detto di sfuggita, non si toglie i Ray-Ban neanche per sbaglio, nemmeno a notte fonda. “E vabbè“, dirà qualcuno, “Carmen mica era un’educanda, lo sappiamo“. E la risposta del vostro Mannaro è: “Appunto, lo sappiamo. Il regista deve proprio farci il disegnino?” Senza contare che, per come la vedo io, questa scena – come altre peggiori che vedremo – è umiliante per un’artista lirica… ma forse io sono solo un vecchio gatto brontolone e all’antica)

Ecco, questa Carmen di Bizet andata in scena in novembre a Palermo, è un altro di quei casi in cui una foto non basta. Non ne basteranno, temo, neppure una dozzina per dare a chi non l’ha vista per intero un’idea di questa regia del mai troppo famigerato Calixto Bieito,  della mai troppo famigerata consorteria La Fura dels Baus (la traduzione del nome è discussa… secondo la più attendibile, “fura” sarebbe il furetto, animale guizzante ed inafferrabile – ma il termine è da alcuni avvicinato all’italiano “zoccola” – mentre Baus sarebbe la città dove il gruppo è nato. Chi ne sa di più, ci informi, per cortesia).

Capiranno la mia difficoltà gli amici di Palermo che l’hanno vista (per la seconda volta, purtroppo per loro, poiché la stessa regia era già andata in scena al Massimo, se non erro nel 2011) e i non moltissimi, penso, che avranno approfittato della diretta streaming del 26 novembre. A tutti gli altri, mi sforzerò di dare un’idea il più possibile vicina alla realtà… anche se magari a molti capiterà di vederla rispuntare da qualche parte (Venezia prossimamente, mi pare) poiché mi dicono (farò ricerche) che questa regia “gira” da almeno un decennio, e ho verificato che è stata rappresentata a Barcellona, Londra, Torino e, di recente, a San Francisco. Doveroso ricordare che ha anche ricevuto il Premio Abbiati nel 2012, fatto che, visto il palmarés dei premiati nel corso degli anni, già è di per sé eloquente per chi apprezzi l’opera “riconoscibile”.

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(Altra raffinatezza, no comment)

Devo premettere, comunque, che al vostro Mannaro questa regia appare datata… e volete saperne il motivo? Eccolo: ultimamente, la tendenza del Regietheater va sempre più nella direzione di reinventare di sana pianta la storia raccontata originariamente dall’opera… e da qui la crescente presenza di una nuova professione, l’addetto alla “Dramaturgie”, il cui compito – stringi stringi – è precisamente quello di riscrivere la storia, basandosi sull’invenzione “innovativa” del regista e dandole, se possibile, una certa interna coerenza.

In questo caso, non è così. La storia di Carmen è raccontata da cima a fondo, identica a quella di Bizet, e il fatto che sia rappresentata in abiti moderni non dà particolare fastidio, anche perché, in fondo, Carmen è una delle poche opere che possono essere ambientate in qualunque epoca, tanto sono elementari e, in un certo senso, “primitivi” i sentimenti che mette in scena.

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(Qui vedete Micaela, che viene presentata come un tipetto piuttosto spigliato)

Questo, ovviamente, spiega perché questa regia sia stata apprezzata anche da alcuni “tradizionalisti”, come mi ricordano i sempre informatissimi amici di AMOP (Against Modern Opera Productions). Il fatto è che, nell’impianto della Carmen di Bizet – e al di là di una caratterizzazione qui improntata ad una violenza e una volgarità che, se possono “starci” nel contesto di Carmen, spesso e volentieri debordano nell’eccesso, come non mancherò di segnalarvi – il regista inserisce anche elementi estranei, spiegabili solo con il suo ben noto gusto personale (e perverso) di stupire e/o scandalizzare il pubblico, o magari – sospetto del vostro Mannaro, e non solo – di stuzzicarne un certo voyeurismo.

So di interpretare il sentire di molti esprimendo la mia opinione che la Carmen di Bizet potrebbe fare tranquillamente a meno delle scene di cui vi farò vedere qui di seguito alcuni fotogrammi. E capisco che molti appassionati palermitani, nello specifico caso in esame, abbiano sonoramente “buuuato” una regia che sarebbe anche potuta essere condivisibile, se non avesse travalicato i limiti del buon gusto e del buonsenso… probabilmente, al solo ed unico scopo di “far parlare”, che è poi il traguardo più ambito dai registi “moderni”.

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Durante l’overture, un tizio palesemente ubriaco (con bottiglia) che poi ricomparirà con i contrabbandieri, tenta uno stupido gioco di prestigio, senza far comparire null’altro che il proprio pollice. Senso non pervenuto. Alla fine dell’opera traccerà anche sul palcoscenico un  grande cerchio bianco (il destino? boh) con una di quella macchinette usate per fare le strisce di mezzeria sulle strade.

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Sempre all’inizio, questo tizio in mutande, evidentemente un soldato in punizione, continua per quasi cinque minuti a fare di corsa il giro del palcoscenico, per poi stramazzare ed essere, alla fine, trascinato via.  Immagino, per rincarare il senso della “brutalità” che il regista ha voluto dare a tutta l’opera. A proposito, tutte le donne, s’intende, vengono regolarmente maltrattate e malmenate

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Vogliamo dire che questa ballerina/ragazzina che gioca con una Barbie rappresenta l’innocenza a rischio? Mah 

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I contrabbandieri viaggiano con numerose Mercedes-Benz, con marchio bene in vista (viene il sospetto di una sponsorizzazione…) I cantanti salgono e scendono in continuazione dai tetti delle medesime, specie nel duello fra José ed Escamillo, mentre Carmen non perde occasione di esibire le cosce, ed altro, con movimenti a imitazione dalla famosa scena di Sharon Stone. A un certo punto si toglierà anche la camicetta, mostrando il reggiseno nero

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Siamo al secondo atto. Carmen per persuadere José a non tornare in caserma, tira fuori dalla Mercedes una coperta e ce lo sdraia sopra con palesi intenzioni…

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Ma se per caso le intenzioni non fossero abbastanza palesi e il pubblico rischiasse di non capire cosa sta succedendo, ecco che Carmen, con sfoggio di equilibrio,  si sfila le mutandine. Notate, prego, di lato, l’albero di Natale preparato dai contrabbandieri, e spiegatemi che ci azzecca

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Ci avviamo alla conclusione, ma non posso certo privarvi del clou della serata, la danza di questo ballerino che mima i gesti del matador, ma che per qualche ragione lo fa completamente nudo, con grande esibizione di ognuna di quelle parti che noi gatti, che siamo quadrupedi, possiamo celare sotto la coda, ma i bipedi non possono. Segnalo che in una recensione ho letto che questa danza “struggente“, è messa lì per “recuperare il rapporto panico (credo che sia una specie di grecismo per ‘totale’… Nota di Mannaro) e primordiale con la natura“. A me, invece, sembra che sia un’esibizione gratuita di nudità per far allungare surrettiziamente il collo al pubblico per capire quanto si riesce a vedere, ma sapete che il vostro Mannaro ha il vizio di pensare male

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Basta, non ce la faccio quasi più, ma devo ancora farvi vedere questa tizia in bikini che, all’inizio del quarto atto, stende una bandiera spagnola sul palcoscenico, ci si siede sopra e si cosparge di crema solare. Per quanti sforzi abbia fatto, non ho capito… ma se qualcuno mi illuminerà gliene sarò molto grato

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E per concludere, ecco Don José, che ha tagliato la gola a Carmen, e dopo aver detto che possono arrestarlo (… ma chi, se non c’è nessuno in scena?) prende il cadavere per un braccio e se lo porta via. Fine dell’opera

Sperando di essere riuscito a darvi un’idea abbastanza chiara dello spettacolo, vi saluta caramente e vi augura un gioioso Natale il vostro

Mannaro

Le immagini sono fotogrammi pazientemente tratti dalla diretta streaming

 

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2 commenti

  1. Andrea Gelli

     /  20/12/2016

    Si perde così l’opera in musica:in sciocchezze registiche con costumi fuori luogo e fuori tempo, per dar spazio alla fisicità che nella Carmen di Bizet è espressa col canto, trattandosi di opera in musica.

    Questo è una….https://www.youtube.com/watch?v=ylWHvrCtczk

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  1. OPERA PER ADULTI | Il gatto mannaro

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