SALISCENDI, GIRAVOLTE E VOLI

(Francesco Maria Rondani – Assunzione della Vergine – Particolare)

(Questo – o altra analoga immagine – è quanto moltissimi spettatori, televisivi e non, hanno creduto – erroneamente, ma non per loro colpa – di veder citato nel finale dell’opera)

Adesso, miei cari mannari, vi confiderò una cosa. Sia pure con un certo sforzo, arrivo a capire, in astratto, quanti apprezzano (sinceramente, non perché hanno, in un modo o nell’altro, un qualche interesse a farlo) il modo considerato “moderno” di rappresentare le opere… concetto questo di “modernità” peraltro assai vasto, che va dal semplice utilizzo di strumenti tecnici oggi disponibili, alla vera e propria re-invenzione o meglio falsificazione/stravolgimento dell’opera originale a proprio capriccio, passando per tutte le situazioni intermedie.

(Sempre – s’intende – erroneamente molti spettatori hanno dedotto da questa immagine del primo atto che Tosca si fosse assentata un momento dal parrucchiere dove faceva la tinta per raggiungere Mario in Sant’Andrea)

Sarà che il mondo cambia, i gusti si evolvono (o involvono), che l’opera lirica fa parte di una cultura che sopravvive a stento e pare in via di estinzione… Insomma, capisco, anche se certo non condivido, che ci sia chi pensa che si debba avere una concezione di come rappresentare l’opera diversa dal passato.

Quelli che proprio non capisco sono coloro che, di fronte ad uno spettacolo come la Tosca (regia di Davide Livermore, se volete segnare…) che ha appena inaugurato la stagione scaligera, sospirano, rassegnati, che abbiamo visto di peggio (verissimo… chi ha visto la recente Tosca firmata da Calixto Bieito, col Cavaradossi madonnaro impacchettato nel nastro adesivo ha visto sicuramente di peggio…), che non si può chiedere più di tanto, che dopotutto la trama era rispettata, i costumi (più o meno… assai meno che più) erano accettabili, i cantanti non son più quelli di una volta, ma fanno del loro meglio… Insomma che vogliamo dire, è quel che passa il convento. Accontentiamoci.

(Qui la scena del primo atto, inizio del Te Deum. Le colonne che vedete non fanno che salire e scendere più volte, tutto ruota o si muove da solo e perfino i candelabri avvampano alla fine, senza umano intervento)

(In precedenza, anche l’impalcatura andava avanti e indietro e contemporaneamente il quadro – in realtà, penso, uno schermo – scendeva dall’alto, e Mario lo dipingeva in modo virtuale, facendo comparire magicamente pennellate di colore)

Eh, no. Questi proprio non li capisco. Perché accontentarsi di uno spettacolo che punta tutto sull’inutile grandiosità delle scene, su elementi superflui come lo sfiancante continuo movimento di oggetti che per loro natura dovrebbero essere fermi, come le colonne della chiesa, i candelabri, la stessa cappella, perfino l’angelo (orrendo, a parer mio) che avvolge con enormi ali il carcere rotante di Castel Sant’angelo (anch’esso una delle numerose aggiunte superflue…), dove tutto si muove a sproposito, creando solo distrazione e capogiro, per non parlare degli assurdi tableaux vivants che sovrastano la scena nel secondo atto, messi lì, all’apparenza, solo per suscitare negli spettatori la curiosità di sapere se si tratta di persone reali, col risultato – da Mannaro, mi chiedo se voluto – di distrarli totalmente dalla scena sottostante, che dovrebbe essere il clou di tutta l’opera, e concludendo con la scena finale che quasi tutti hanno interpretato come l’assunzione al cielo di Tosca (e se hanno sbagliato vuol dire che l’intento non era per nulla chiaro!)… accontentarsi, dicevo, di questa paccottiglia come del “meno peggio” è proprio ciò che conduce all’agonia e prossima morte dell’opera lirica. Perché l’unico modo per farla sopravvivere è PRETENDERE, a gran voce, che una ragionevole e ragionata “modernità” non significhi il prevalere di una inutile spettacolarità sugli elementi essenziali che sono la musica e il canto, qui a malapena al livello della sufficienza.

 

(Eccoli lassù, i quadri viventi che molti non hanno notato affatto, mentre i più attenti hanno passato metà del secondo atto a fissarli per capire che erano davvero persone fisiche e si muovevano… Peccato che sotto si svolgesse l’opera!)

Se a ciò aggiungiamo una regia televisiva pervicacemente determinata a stupirci con effetti speciali (detesto in modo particolare le riprese dall’alto… Quale spettatore ha mai visto l’opera dal soffitto???), implementando ad libitum quelli, già fastidiosi assai – a quanto mi dicono spettatori presenti fisicamente – propinati al pubblico in sala, come l’incessante “passeggiare”, salire, scendere, ruotare, spostarsi degli elementi della scenografia.

Altro non ho intenzione di dire su questa Tosca, che non posso neppure definire deludente, poiché non è niente di diverso da ciò che, conoscendo il regista, il cast e il direttore, mi aspettavo.

 

Questa non vi nascondo che è la mia immagine preferita (nel senso del comico). Non contenta di aver accoltellato più volte Scarpia, Tosca ne affretta la morte strangolandolo. Dopotutto, non dice forse “Muori dannato! Muori, muori!”? Così gli dà una mano, no?…

Vi rimando, perciò, come già in altre occasioni, ad una pagina Facebook e Blog sul web con cui mi trovo spesso in sintonia, Il Corriere della Grisi, storico gruppo di melomani assai preparati e, forse per naturale conseguenza, assai caustici. Gruppo molto inviso, ben più del vostro umile Mannaro, alle lobby di laudatores, essendo da sempre, manzonianamente, “vergin di servo encomio” ed abituato a dire, come raccomandava il grande Bardolfo/Eugenio Gara (ma chi se lo ricorda più?) “vino al vino e cane al cane”.

(Ed proposito di quest’ultima raccomandazione, troverete al link qui di seguito anche un giudizio da me ampiamente condiviso, sui cantanti, dei quali, come sapete, parlo solo quando posso dirne bene.)

Tosca alla Scala in diretta tv. Vorrei ma non posso

E con questo forse troppo scarno commento e questo link caldamente raccomandato, chiude per sempre con questa dimenticabilissima Tosca alla Scala e vi saluta anche oggi caramente il vostro

Mannaro

NOTA: Le immagini sono tutte del Teatro alla Scala, compreso il fotogramma in cui Tosca strozza Scarpia, prelevato dal trailer sulla pagina Facebook del Teatro. Nomi di fotografi non ne ho trovati, spero di aver adempiuto al doveroso riconoscimento verso gli autori con questa nota.

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2 commenti

  1. Rossana Ciabattoni

     /  23/12/2019

    Caro Mannaro,
    Come sempre cogli nel segno e ciò che scrivi ha un effetto direi liberatorio per quanti come me amano la musica lirica e detestano gli scempi commessi da pseudo registi smaniosi di modernizzare, si fa per dire, l’opera. Quindi il tuo miagolio è prezioso in quanto ha il coraggio di esprimere una critica analitica e informata sui vari obbrobri spacciati per capolavori spesso improntati solo a cattivo gusto e insensatezza.
    Colgo l’occasione per farti i miei più cari auguri di Buone Feste!

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  2. Cara amica, grazie per la tua costante vicinanza. E’ un gran conforto per un povero gatto controcorrente sapere che c’è chi lo segue e gli vuol bene! Cari auguri anche a te!

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